È quasi mezzanotte e fuori ci sono 2 gradi. Aspettiamo un autobus per 20 minuti, seduti su una panchina. Il tempo sembra rallentato. E poi dal nulla mi ritrovo a duettare una canzone di Eros Ramazzotti con Edison (suo grande fan), mentre la sua ragazza si piega dalle risate.
Si è chiuso più o meno così il mio viaggio a Helsinki.
E, no, se te lo stai chiedendo, l’alcol non c’entra nulla. 😉
Come sono arrivato lì? Mettiti comod* e lascia che ti racconti.
Se ci penso, tutto è iniziato davvero per caso, da un banalissimo post sponsorizzato su Facebook, a metà settembre. Parlava di una certa sfida chiamata “Tech Race Milan”.
Mi sono iscritto. Non sapevo esattamente di cosa si trattasse, tantomeno sapevo chi fossero gli organizzatori. L’unica cosa che ho pensato è stata: «Mh, sembra interessante!» Tutto qui. A posteriori, ho fatto qualche ricerca e ho scoperto qualcosa in più.
Tech Race è una serie di mini-sfide di programmazione, design e logica, organizzata da Junction e Slush in diverse città in Europa. Chi sono Junction e Slush? Due community di origine finlandese con un’anima fortemente orientata all’innovazione.
Ciascuna organizza ogni anno un evento di punta ad Helsinki: Junction un hackathon incentrato sulla tecnologia, mentre Slush «il principale evento mondiale di startup e tecnologia». Lo dice Wikipedia. Mi fido.
Tech Race Milano
Ad estate terminata, una sera, dopo lavoro, mi armo di Google Maps e raggiungo la sede di H-Farm. È lì che si tiene Tech Race Milano.
Partecipo alla sfida con una coppia di ragazzi conosciuti sul momento. Si chiamano Era ed Edison, vengono dal Kosovo e studiano programmazione in Finlandia, a Lappeenranta: un posto molto freddo, a giudicare dai loro racconti. Frequentano il Politecnico di Milano per qualche mese per un programma di exchange.
Dopo circa 3 ore di spremuta di meningi e di dita pigiate sulla tastiera, la (bella) sorpresa: vinciamo un viaggio ad Helsinki con accesso diretto a Junction, Slush e una serie di altre attività in città.
Ca**o!
Sono super contento, ma ancora non realizzo bene che cosa mi aspetta.
Preparativi
Per tutto il mese di ottobre sono bombardato di messaggi dagli organizzatori: alloggio, voli, come funzionano gli eventi, cosa portare, cosa non portare, programmi delle giornate… Bravissimi loro, ma tante informazioni da digerire tutte assieme per me. Ogni tanto rischio di perdermi pezzi.
Poco male, arriva presto il 14 novembre e si parte. Dopo lavoro corro a casa, finisco la valigia e vado dritto alla stazione di Cadorna per prendere il Malpensa Express. Un’oretta di viaggio. Cuffie alle orecchie e mi immergo nella musica, specie nel nuovo album di Marracash. Madame e Crudelia tra le mie canzoni preferite.
Arrivo in aeroporto verso le 23:30, trovo una sedia “comoda” e provo a dormire qualche ora. Già, il mio volo è alle 6:15.
Sono immerso nella mia giacca, col cappuccio che lascia appena intravedere gli occhi: cerco di ricreare nel modo più fedele possibile una dormita nel letto di casa. Cerco, ecco.
A metà del mio profondo dormiveglia, una conversazione interrompe il brusio e i radi rumori di chi va e chi viene.
Un signore nigeriano accanto a me inizia a “broccolare” con una ragazza norvegese, o svedese, non ricordo con esattezza. Molto simpatico lui, lei sembra divertita. Non so come sia andata a finire.
Sono le 4 di notte.
Imbarco la valigia e mi avvio con calma verso il gate, dove ritrovo Era ed Edison.
Milano–Monaco–Helsinki: et-voilà! Verso l’ora di pranzo arriviamo in ostello, giusto per alleggerirci dei bagagli. I miei due compagni di viaggio si trovano con degli amici, mentre io cerco un posto dove mangiare un boccone al volo.
Le pretese sono poche, la fame è tanta. Non molto lontano mi imbatto in un pub che sembra servire del cibo. È semivuoto. Ordino e mi siedo.
Mi rendo conto dopo qualche minuto che attorno a me c’è un’atmosfera molto americana. In sottofondo American Pie di Don McLean, di fronte un hamburger e patatine e alla mia sinistra un gruppo di uomini barbuti, tatuati, con le giacche in pelle. «Non è che ho sbagliato aereo?» – penso tra me e me.
Junction 2019
È sempre il 15 novembre. Sembra passata un’eternità da quando sono partito, ma il bello deve ancora iniziare. Dopo pranzo mi rimetto lo zaino in spalla e raggiungo l’Università Aalto, a ovest della città. Inizia la cerimonia di apertura di Junction.
La prima reazione è: «Wow!» Mi trovo di fronte ad un’intero campus “sequestrato” e interamente trasformato per l’evento.
Siamo circa 1.600 ragazzi da tutto il mondo, di più di 100 nazionalità diverse. C’è elettricità nell’aria.
Rivedo rapidamente come funziona la competizione. Ci sono 8 tracce, tra cui Sostenibilità, Cyber-Security, Data Economics, Future Cities, ecc. Per ogni traccia, le aziende partner propongono delle sfide. Tra le più note, Microsoft, VK (il gemello di Facebook in Russia), Rovio (l’azienda che ha creato Angry Birds) ed Ericsson.
Ci sono sfide per tutti i gusti: da chi chiede in modo generico di trovare una soluzione per migliorare il benessere sociale partendo da un dataset di dati, a chi, più in dettaglio, chiede di rendere più efficiente il processo di revisione del piano di radioterapia degli oncologi. O ancora, chi lancia la sfida di costruire un ambiente urbano sostenibile ed eco-compatibile utilizzando software open source.
Gli stimoli sono davvero tanti.
Manca però un “piccolo” dettaglio: devo trovare un team con cui partecipare.
Era ed Edison si erano già organizzati da tempo per l’hackathon con degli amici, ancora prima di Tech Race Milano.
Dopo la presentazione delle sfide, mi reco all’area team-building. Chiacchiera dopo chiacchiera conosco alcuni ragazzi e formiamo un team con competenze eterogenee: programmazione, design e marketing/business.
Ci siamo!
Anche se il mio cervello non connette molto: sono KO per il viaggio e le poche ore di sonno. Giusto il tempo di decidere la sfida su cui vogliamo cimentarci, di aprire un canale su Slack per comunicare e ci salutiamo per una bella dormita.
Sabato di prima mattina ci ritroviamo all’Università di Aalto. Il tramonto e l’alba sembrano non essere esistiti: troviamo gruppi che stanno già lavorando, altri che stanno ancora lavorando.
La sfida che abbiamo scelto fa parte della traccia Digital Retail.
C’è un modo per diminuire i resi dovuti agli acquisti indesiderati negli e-commerce?
Ci tuffiamo a capofitto per pensare ad una soluzione. I neuroni processano, le parole si intrecciano. I pensieri creativi di ciascuno cercano spiragli, con l’intento di attecchire su un terreno fertile, amalgamandosi gli uni agli altri.
Fermiamo la nostra (es)temporanea fabbrica delle idee solo per qualche pausa e per i pasti.
Divertente scoprire che la cena è dalle 16 alle 19, quando alle 16, di solito, faccio la pausa caffè a lavoro. Ma ci si abitua, dicono.
Arriva tarda sera. Il nostro progetto è a buon punto, ma non al punto che vorremmo. Iniziamo a pensare alla presentazione: avremo 3-4 minuti al massimo per raccontare la nostra idea.
La stanchezza si fa sentire. Non si capisce che ore sono. L’ambiente è perennemente avvolto da luci soffuse, viola e arancioni. Guardiamo l’orologio: 2:30. Forse è il momento di riposare un po’ prima della consegna definitiva. Ultimatum: 10 di mattina.
Gli organizzatori hanno messo a disposizione la palestra dell’università, o meglio, una parte di essa. Estraggo il mio sacco a pelo dallo zaino e trovo lo spazio che più assomiglia ad un letto: una panca. Di marmo.
Sopra la testa decine di luci accese, quasi a farci sentire in colpa per aver abbandonato il nostro lavoro con la consegna così vicina.
Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi, che alle 7:30 siamo già in piedi, fingendo (male) di essere freschi e riposati.
Torniamo alla nostra scrivania per finalizzare in fretta le ultime cose e consegniamo poco prima dell’ora X.
Sospiriamo.
Sappiamo di aver fatto del nostro meglio.
Il nostro progetto è Kambia – una piattaforma che permette alle persone di rivendere localmente i capi di abbigliamento indesiderati comprati online (es. la maglia arrivata della taglia più grande), utilizzando una moneta virtuale come valuta di scambio. Intendiamo far risparmiare risorse alle aziende nella gestione dei resi e allo stesso tempo ridurre le emissioni di CO2 causate dai trasporti.
Dopo pranzo inizia la revisione. Tutti i gruppi vagano per l’edificio come nomadi, passando rapidamente di progetto in progetto, di valutazione in valutazione.
Arriva presto la cerimonia dei premi.
Nel pomeriggio iniziano ad annunciare i vincitori delle varie sfide, uno dopo l’altro. Sostenibilità, Cyber-Security, Game Jam…
È il momento di Digital Retail e…
Niente, nessun premio.
…
Poco importa. Siamo comunque contenti per la super esperienza fatta.
Ci salutiamo come ci conoscessimo da tempo e ognuno per la propria strada.
Torno in ostello con più sonno che fame, ma mi ritaglio il tempo per un ristorante nepalese poco lontano. Molto buono!
Prima del tanto agognato letto, la doccia mi regala un piccolo imprevisto: scopro che non c’è un asciugacapelli in bagno, ma c’è un asciugamani elettrico. L’istinto di sopravvivenza mi suggerisce di fare questo:
Tratto da una storia vera.
Attività in città
Lunedì mattina, dopo le mie scarse 11 ore di sonno, esco in esplorazione per le vie di Helsinki.
Non ho un itinerario. Cammino e osservo. Mi godo la scoperta, passo dopo passo.
Noto subito una differenza rispetto a Milano, che mi fa pensare che lo stile di vita sia meno frenetico: i semafori dei pedoni durano più a lungo. Scatta il verde, inizio la traversata camminando ad andatura moderata, arrivo sul marciapiede opposto… ed è ancora verde! È una cavolata, lo so, ma non ci sono abituato.
A Milano il verde dura quel tanto che basta da farti accorgere che puoi iniziare a camminare. Abbassi la testa un istante, mentre sei sulle strisce pedonali, la rialzi e realizzi che è già arancione. Quasi a dirti: «Pheeega, muoviti! Va’ a lavurà!»
Mi concedo un caffè in un bar dall’atmosfera molto rilassata. Approfitto del tepore del locale per una buona mezzora e riprendo la camminata.
Mi dirigo verso il mercato del pesce, su consiglio di un amico. È ora di pranzo e il cibo intorno a me sembra invitante. Senza pensarci troppo, mi fermo in un ristorantino per provare la tipica zuppa di salmone: deliziosa!
Dal pomeriggio inizia il programma settimanale che gli organizzatori di Slush hanno preparato per i vincitori delle Tech Race nelle varie città in Europa. Siamo 24 ragazzi, da San Pietroburgo, Algeri, Kiev, Barcellona, Minsk… Un bel melting pot.
Ci troviamo tutti negli uffici di Slush, dove Linda, Laura e Niina – le ragazze che ci seguiranno durante la settimana – ci anticipano che cosa faremo nei giorni successivi.
Chiacchieriamo tutti, tra salutari cocktail di benvenuto a base di frutta e cioccolatini Fazer: LA marca di cioccolato in Finlandia.
Dopo l’accoglienza, ci spostiamo a visitare Maria 01, un acceleratore che offre servizi e postazioni lavorative per startup e freelance. Ha colpito tutti la scritta illuminata all’entrata: “Not a Hospital“. Un tempo, infatti, l’edificio ospitava un ospedale. E da fuori nessuno stenta a crederlo.
Appena dentro, lo scenario è completamente diverso. Mi ricorda un po’ il binomio “armadio-Narnia”: un mondo intrigante nascosto da una facciata poco attraente.
Dopo una breve panoramica, chiudiamo la serata con una piacevole cena in compagnia.
Il giorno seguente siamo pronti per quella che, per molti di noi, è una novità assoluta: la sauna finlandese. Ci rechiamo su un’isoletta a sud della città, alla sauna Uunisaari (sì, ai finlandesi piace abbondare con le vocali).
È semplice, sembra una ricetta di Benedetta Parodi: 10-15 minuti a circa 85 gradi e poi ammollo nel mar Baltico. L’acqua è a dir poco… rinfrescante: 5 gradi. Appena i piedi si immergono, scompaiono. In tutti i sensi. Dalla vista, per il colore torbido del mare, e dai recettori sensoriali a causa dello sbalzo termico.
Mi immergo fino al collo. Il “bagno” dura 6, 7 secondi al massimo. Non resisto di più.
«Esci-Esci-Esci» – inizia a ripetere da dentro la vocina del buon senso.
Torno al caldo.
Così per un paio di volte.
Mi sento rilassato, in pace col mondo e con una gran voglia di fare una pennichella.
Ma dobbiamo ripartire subito. Ci aspetta un pranzo in NewCo, un’organizzazione promossa dalla città di Helsinki che fornisce servizi e consulenza alle startup.
Prima di mangiare, ascoltiamo i racconti di alcuni imprenditori, tra difficoltà e traguardi. A seguire, ci rimane un po’ di tempo per provare un visore avanzato di Virtual Reality di una startup di nome Varyo. Grazie ad una lente speciale offre una risoluzione visiva davvero notevole.
Il resto del tempo, fino al giorno successivo, è dedicato principalmente alla visita di alcune aziende tech. Da Smartly.io, a Supermetrics, fino a Wolt. Si occupano rispettivamente di ottimizzare campagne di advertising, di creare report automatizzati e di consegnare cibo a domicilio. Stanno tutte crescendo molto e molto in fretta.
I loro uffici sono uno più bello dell’altro. Ambienti moderni, ma allo stesso tempo accoglienti. Un dettaglio in comune? Tutti i dipendenti girano scalzi, o in pantofole. Dicono per evitare di sporcare durante l’inverno, visto che piove/nevica spesso. Bello, eh?
In Supermetrics, partecipo ad un mini-torneo di calcetto improvvisato. Gioco con un ragazzo spagnolo. La prima partita fila liscia. La seconda, beh… non va altrettanto bene: perdiamo 6 a 0 contro una coppia algerino-americana.
Scotta.
Come se non bastasse, per rendere indelebile la figura di m***a internazionale, una dipendente dell’azienda ci consegna un pennarello e ci invita ad autografare il retro del calcetto. «This is the rule» – aggiunge.
Se non altro, possiamo dire di aver lasciato il segno.
Slush 2019
Durante la settimana sono cresciute le nostre aspettative per Slush, la mega conferenza di 2 giorni su tecnologia e startup che chiude, di fatto, la nostra “gita fuori porta” in Finlandia.
Alcuni ragazzi che hanno partecipato nelle scorse edizioni me ne parlano in modo estremamente positivo.
Per iniziare a farci un’idea del programma, abbiamo a disposizione un’app dedicata. Possiamo controllare gli orari degli interventi, chi sono gli ospiti, su quale palco parleranno, ecc.
Non solo, abbiamo anche la possibilità di fare networking. Nell’app è stato integrato infatti uno strumento chiamato “Matchmaking” per fissare incontri conoscitivi con chiunque all’evento. Utile sia per chi cerca investitori per la propria startup, sia per chi vuole semplicemente prendere un caffè e scambiare due chiacchiere con altri professionisti.
Giovedì mattina, alternando tram e camminate, raggiungiamo Messukeskus, il centro conferenze che ospita Slush.
Controllo biglietti e siamo dentro.
In un primo momento, tutti affluiscono verso il palco principale, che mi ricorda un po’ la Death Star di Star Wars. C’è un mare di gente.
In apertura ci forniscono qualche dato sull’edizione di quest’anno: 25.000 partecipanti, 3.500 startup e 2.000 investitori da tutto il mondo. Inizio a farmi un’idea, seppur molto astratta, della portata dell’evento.
Al termine della cerimonia di apertura, comincio a vagare e a guardarmi attorno pieno di entusiasmo, come un bambino al luna park. L’atmosfera è misteriosa, attraente, plasmata da una miriade di giochi di luce.
Subito saltano all’occhio gli stand dei big come Google, Microsoft, Amazon… In particolare, quelli di Slack e Samsung sono molto affollati. Mi avvicino, incuriosito, immaginandomi chissà quali esperienze o installazioni, ma l’arcano è presto svelato: caffè Lavazza, gratis.
Proseguo la giornata esplorando lo spazio e ascoltando alcuni relatori che mi sono segnato. Barbara Belvisi è tra questi: la fondatrice di Interstellar Lab ha l’obiettivo di costruire villaggi biorigenerativi per poter vivere in modo sostenibile su altri pianeti.
Interessante anche la storia del co-fondatore di Twitch, Kevin Li, che racconta com’è nata la piattaforma di live streaming di videogiochi che oggi genera +15 milioni di visitatori quotidiani.
Il secondo giorno di Slush le vibrazioni positive non accennano a diminuire. Esploro un po’ meno gli stand e mi dedico ad ascoltare qualche intervento in più.
Tra i più simpatici quello di Alex Chung, fondatore di GIPHY, l’ormai noto sito che raccoglie migliaia di gif. Ci spiega come il progetto sia nato per gioco: dopo una settimana pensava già di chiudere tutto.
Ad un certo punto mi ritrovo casualmente ad ascoltare l’intervento di un tale Sid Koudier. Presenta un nuovo dispositivo chiamato NextMind.
La mia reazione dopo la demo:
Si tratta di un piccolo aggeggio che si posiziona dietro la testa, dove si trova l’area del cervello che elabora tutto ciò che vediamo.
NextMind è in grado di analizzare in tempo reale le onde cerebrali e di trasformarle in comandi diretti, permettendoci di fatto di interagire con gli oggetti che guardiamo, senza muovere un dito. Sembra magia.
Qui puoi vedere il video di lancio. Dal minuto 7:00 la parte più interessante:
Dopo questa puntata di Black Mirror, quasi tutti si concentrano sul palco principale per l’intervento di Michael Moritz, storico partner di uno dei venture capital più grandi del mondo: Sequoia Capital. Questi signori in passato hanno “scommesso” in aziende come Apple, Google, PayPal, Yahoo!, Electronic Arts, AirBnb… Un po’ di naso per gli investimenti, evidentemente, ce l’hanno.
L’evento è quasi finito. Nel programma manca soltanto un appuntamento: l’Afterparty.
In poco tempo gli organizzatori rimuovono le sedie e l’evento prende una piega completamente diversa: meno business, più baldoria.
Verso tarda sera, esco e mi ritrovo con i ragazzi con cui ho condiviso l’intera settimana. Senza volerlo, iniziamo lentamente a salutarci. Negli occhi di tutti si legge grande soddisfazione per l’esperienza vissuta, che sotto molti punti di vista si è rivelata sopra le aspettative.
Salgo con Era ed Edison su un tram che ci regala una sorpresa: cambia numero e percorso, mentre è in corsa. In poco tempo (per fortuna) ce ne rendiamo conto. Scendiamo, senza sapere bene dove siamo.
Vaghiamo un po’.
È quasi mezzanotte e fuori ci sono 2 gradi. Aspettiamo un autobus per 20 minuti, seduti su una panchina. Il tempo sembra rallentato. E poi dal nulla mi ritrovo a duettare una canzone di Eros Ramazzotti con Edison (suo grande fan), mentre la sua ragazza si piega dalle risate.
Siamo sobri, siamo stanchi, siamo felici.
Siamo consapevoli di aver vissuto tanto, in un tempo relativamente breve.
Siamo consci, solo l’indomani a Milano, di esserci portati a casa un’esperienza unica.
Photo credits: Slush Media, Junction, Giphy